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Tano Festa

Tano Festa nasce a Roma il 2 novembre 1938. La madre, Anita Vezzani, era nata nel 1903 a Boschi di Baricella, in provincia di Bologna, da una famiglia di commercianti. Il padre, Vincenzo Festa, era di origine palermitana e napoletana. I genitori si erano incontrati a Trieste intorno ai primi anni Trenta, dove il padre lavorava come sarto in un grande magazzino. La madre invece, si trovava a Trieste sposata con un ufficiale della marina mercantile Paolo Lo Savio, da cui aveva già avuto due figlie. Anita, lasciato il marito, si trasferisce a Roma con Vincenzo nel 1933, dalla loro unione nasceranno due figli, Francesco nel 1935, e Tano nel 1938. Francesco sarà registrato all’anagrafe con il nome del marito di Anita, Lo Savio, pur essendo figlio di Vincenzo Festa, Tano prenderà invece il nome del padre. Dopo via Palermo, dove nascono Francesco e Tano, la famiglia si trasferisce in via dei Serpenti, poi per pochi mesi in una villetta a Ostia e poi in via Vespasiano. Infine Vincenzo Festa riuscirà ad avere un posto di impiegato ministeriale ed otterrà una casa nella zona delle Capannelle. Nel 1952 Tano Festa si iscrive all’Istituto d’Arte in via Conte Verde a Roma e si diploma nel 1957 in “Fotografia Artistica” con il professore Alberto Libero Ferretti. Questi racconta come Festa fosse attratto soprattutto dagli effetti della reazione chimica, che si ottengono in camera oscura gettando l’acido direttamente sulla carta fotografica. Fin dagli inizi i compagni di Tano Festa sono i coetanei , Mario Schifano e Franco Angeli, e altri poco più giovani come Renato Mambor e Sergio Lombardo. Con loro maturò un’amicizia destinata a durare a lungo, un sodalizio che si estese ad altri giovani artisti, Giosetta Fioroni, Cesare Tacchi, Jannis Kounellis, Mario Ceroli, Umberto Bignardi, e che segnò una stagione felice dell’arte a Roma. Cesare Vivaldi in un articolo comparso nel 1963 su “Il Verri” riconobbe un’affinità di espressione a questa compagine di artisti che definì: “Giovane scuola di Roma”

L’epiteto ebbe anche una diversa e ben nota declinazione in: Scuola di Piazza del Popolo, dal nome della piazza dove artisti e letterati erano soliti incontrarsi, intorno ai tavoli del Caffè Rosati o nella sede della galleria La Tartaruga. La prima esposizione di Tano Festa documentata è la partecipazione alla “Mostra di Pittura” per il “Premio Cinecittà”, organizzata dal Partito Comunista Italiano nell’ottobre 1958. I disegni che sono rimasti a testimoniare i suoi esordi, tra il 1956 e il 1958, hanno ascendenze surrealiste: un impianto segnico talvolta inquadrato in una visone prospettica, che ricorda i dipinti di Matta. Renato Mambor, che divise lo studio con Tano Festa tra il 1959 e il 1961, ricorda: “(…) Eravamo tutti attratti dal Surrealismo e Tano all’inizio faceva delle cose un po’ surreali, tante piccole ‘zoomorfe’, così le chiamava, erano come piccoli insetti. Eravamo tutti e due innamorati del primo Matta (…)”. Fin dagli inizi Tano Festa scrisse poesie, un’attività marginale rispetto alla pittura, ma praticata per tutto il corso della sua vita, così come costante fu il suo interesse per la letteratura e per i poeti, come Sandro Penna, che fu un suo intimo amico. Si racconta che nel 1955 Festa regalasse poesie ai passanti sulla scalinata di piazza di Spagna, scritte su fogli illustrati dall’amico Ettore Sordini. Nel 1959 Tano Festa approda alla galleria La Salita di Gian Tomaso Liverani, all’epoca una delle sedi espositive più prestigiose a Roma per l’arte contemporanea. 

Espone, inizialmente, in una collettiva, insieme a Franco Angeli e a Giuseppe Uncini. “Fin dalle sue prime esperienze”, è scritto di Tano Festa nel cartoncino distribuito in occasione della mostra, “ha rivelato particolare interesse verso alcune tendenze del surrealismo astratto europeo e americano”. Nel 1960 Festa abbandona la gestualità informale e realizza i suoi primi dipinti monocromi. Privilegia il colore rosso solcato da strisce di carta, imbevute dello stesso colore, che scandiscono verticalmente la superficie del quadro. Il rosso di Tano Festa non é sensuale ed elegante come i colori di Mario Schifano, che in contemporanea con il suo amico realizzava lo stesso radicale azzeramento. Quello di Festa è un rosso che ricorda una materia organica come il sangue, ma anche la luce utilizzata nella camera oscura nella fase dell’impressione fotografica

 

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