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Paolo Canevari

Roma 26 marzo 1963. Artista. Noto anche per il matrimonio con Marina Abramovic, la body artist più famosa al mondo, diciassette anni più di lui, sposata nell’aprile del 2006. Come regalo di nozze si è fatto tatuare sul braccio destro una pin up e sotto il nome Marina.«Marina lavora con il corpo, io sono uno scultore. Il nostro percorso è molto diverso, ma c’è una cosa che ci avvicina: il rapporto con l’effimero. Vedo nella distruzione un atto creativo». «Famoso per le grandi sculture con gli pneumatici e le camere ad aria, i video di oggetti simbolo che bruciano, i disegni raffinati e perfetti a semplice matita» (Terry Marocco). Ha cominciato a lavorare con le camere d’aria all’inizio degli anni Novanta. «Queste gomme stimolano l’immaginazione, la fantasia del viaggio e del percorso. Con le mie opere cerco di creare simboli: la guerra per il petrolio, le contraddizioni della società e del sistema economico». Una sua Rubber Car, realizzata con un centinaio di pneumatici, accoglieva i visitatori della mostra Mitomacchina al Mart di Rovereto nel 2007. I suoi antenati sono artisti dal Seicento (architetti nella Roma dei Papi, scultori e mosaicisti durante il fascismo), lui ha tentato a lungo di sottrarsi alla vocazione di famiglia, ma ora è uno degli artisti italiani in ascesa. Vive tra Roma e New York, tra Prati e Soho, veste Givenchy, legge Susan Sontag, «l’intellettuale più coraggiosa». È stato assistente di Nam June Paik, padre della video arte. Colleziona fotografie di pin up, gira per discariche e cimiteri d’auto alla ricerca di pneumatici, ha una passione per il cibo spazzatura, hamburger e patatine, che smaltisce con la ginnastica imposta dalla moglie. Ha creato un’installazione per raccontare la sua nascita: una camera d’aria nell’ascensore di casa. «Dentro un ascensore ci sono nato davvero. È una storia che ho sempre sentito raccontare in famiglia, così nel 2001 feci un’opera dedicata a mia madre. Gran parte delle mie sculture si riferiscono alla memoria e alla storia della famiglia. Nonno Angelo era pittore, come suo padre Angelo Enrico detto Bido (morto a 85 anni nel febbraio 2014); il mosaico al Palazzo della Scherma a Roma, capolavoro di Luigi Moretti, è suo, come metà della pavimentazione del Foro Italico. L’altra metà è di Gino Severini. Il fratello di nonno era scultore, come mio padre Angelo. Ho fatto l’Accademia di Belle Arti; la mia prima personale è del 91» (a Rachele Ferrario). (a cura di Lauretta Colonnelli).

 

Giorgio Dell’Arti

 

Opere

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