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Marco Adamo

Palla al centro! 

Se nel gioco del calcio l’obiettivo è quello di mandare la palla in porta, nell’arte di Marco Adamo l’obiettivo è quello di mandare la palla sulle tele. Sporca di colore, però, non di fango. 

Il messaggio – lo dice lui stesso – è chiaro: ogni pallonata è un tentativo per abbattere l’odio, la corruzione e la violenza, è una partita giocata per colorare un mondo diverso, un mondo migliore. 

Per fare questo, Marco Adamo sceglie il pallone, non un pennello, lo usa con i piedi, non con le mani. Tira calci e incontra tele, non reti. E sulle tele lascia le impronte. Sono il segno di un gesto staccato dalla superficie, tecnica ben nota con l’Action painting di Jackson Pollock: il colore colato dal pennello, gocciolava sulle enormi tele formando “gesti” e “casualità”, dando vita ad uno stile in cui l’artista si pone in subordinazione e diventa un “semplice” tramite fra l’intento e il risultato. 

La rete della porta la crea Marco, a forza di pentagoni ed esagoni stampati sulla superficie, gli stessi che disegnano la caratteristica palla da calcio. Si crea così un tessuto di stencil che disegnano astratti di colore o forme “impressioniste” che si intravedono a colpo d’occhio. 

Come uno sciame di api che costruisce gli esagoni dell’alveare, Marco Adamo cuce e tinge insieme. Il pallone è il coautore di un’arte che, tiro dopo tiro, forma un concetto chiaro e inconfondibile. Si diverte e scarica la tensione, facendo esplodere l’energia espressiva con il suo fedele compagno-palla, esecutore di traiettorie ben studiate. 

Le pallonate di colore si sovrappongono e si sostituiscono alla pennellata con un simbolico “io c’ero” che ricorda le pitture rupestri con stencil e impronte di mani di uomini primitivi. 

Dalla “manata” alla pallonata il passo è breve e chi non ricorda il personaggio di Chuck Noland, interpretato da Tom Hanks nel film “Cast away”, il cui disperato spirito di sopravvivenza, porta a crearsi un compagno, Wilson – unico coprotagonista – nient’altro che un pallone da pallavolo con un’impronta di mano stampata sopra? Nient’altro si fa per dire, vista l’importanza che ebbe nel naufragio. 

Marco si accosta a questo esempio, forse inconsciamente, perché in fondo l’arte non è altro che un naufragare, uno sperimentare ed approdare in stili e tecniche che più si avvicinino al concetto di un artista, a volte anche casualmente, come il sopra citato gocciolamento di Pollock; approda su un campo di calcio immaginario e scende a giocare la partita di un cambiamento, prendendo a calci l’odio e il razzismo che non gli piacciono e sostituendoli con la policromia dei suoi elaborati. 

La metafora non lascia dubbi e lo sport calcistico, il più comune e il più seguito del pianeta, offre le sue “porte” dentro le quali tirare pallonate di significati e dipingere le reti di creatività e di colori “schiaccianti”. Inizio del gioco… palla al centro! 

Claudia Lodolo

Opere

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