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Angelo Rossi

Un uomo è ciò che attrae

Guardando le opere che compongono la mostra viene da pensare non siano tutte frutto della stessa mano, ma piuttosto opere di più autori riunite in una collettiva. La personalità artistica di Angelo Rossi è poliedrica, con una facilità estrema utilizza linguaggi diversi, metodi e tecniche sempre nuovi.

In questo si può dire tenga fede alla sua convinzione che il “super artista” con il suo “nome“ non può rappresentare la società contemporanea, ma piuttosto l’espressione più vera di contemporaneità la può dare solamente una massa crescente di artisti. In lui sembrano convogliare le personalità, le idee, le teorie ed i progetti degli artisti della cosiddetta “nuova generazione“.

Il suo eclettismo lo porta ad esprimersi indifferentemente con la fotografia, la pittura, la scultura, il design, la grafica, le performance ed i video d’arte. La cosa però che accomuna tutte le espressioni d’arte di Rossi è la materia, ciascun’opera utilizza come materia prima i pensieri, le emozioni, le parole e le immagini già filtrate, già manipolate o confezionate. E’ un’arte fatta da chiunque, questo non significa che tutti possono nello stesso modo diventare artisti, quanto piuttosto che ciascuno e ciascuna cosa concorrono nella costruzione di un suo lavoro, ne sono assolutamente la materia.

“In quest’epoca l’apparenza e la produttività consumistica hanno quasi privato l’uomo delle sue facoltà fisiche intellettuali e spirituali. L’essere umano scompare e restano gli “oggetti“ che egli riesce a generare, a muovere e a comprare.

Le vite di ognuno di noi non sono fondamentalmente diverse tra loro e tanto meno sono diverse e scollegate dall’ambiente che ci circonda. Ogni parte del nostro corpo contiene il codice genetico dell’intero organismo e ogni vita include tutto l’universo.

La nostra personalità è un insieme di tutto ciò che ci circonda. Tutto quello che abbiamo proviene dal nostro rapporto con l’esterno.

Sensazioni, emozioni e idee ci sono suggerite da altri.

…Penso sia impossibile realizzare opere “originali“ sarebbero prive di storia ed è impossibile realizzare opere uguali. Ogni oggetto ha una propria vita. Neanche l’identico può essere privo d’identità; un clone è secondo, terzo… La sua collocazione spazio-temporale e la numerazione lo distinguono come altro. La parola “identico“ indica la minima differenza possibile tra un’entità e un’altra.

…Da qualche parte ho sentito dire che sono tutti artisti, forse ho anche sentito che tutti possono essere artisti: artista da giardino, artista della domenica, fascino d’artista.

Nel 1999 ho rinunciato ad essere autore (Zak Manzi autenticava le mie opere). Mi sono liberato dei miei diritti d’autore, della mia proprietà, della mia firma.“

Quello sopra riportato è il manifesto di Angelo Rossi, una sorta di dichiarazione di intenti che giustifica e spiega l’intero suo percorso nel mondo dell’arte.

Nel 1917 si componeva il gruppo dei Dadaisti. L’intento principale di questo gruppo di artisti era di fare nichilismo di tutta la cultura fino ad allora storicizzata, nel farlo hanno realizzato delle vere e proprie dissacralizzazioni e compiuto delle azioni altamente provocatorie. Sono nati in questo modo i ready made. Si è spezzato in quel momento tutto un insieme di concezioni e concetti ed è stato ribaltato il significato di opera d’arte.

Il richiamo al Dadaismo è sicuramente da farsi nell’analizzare alcuni lavori di Rossi. La realizzazione di Flash art ne è l’esempio più lampate: una rivista che si occupa d’arte diventa essa stessa opera d’arte incelofanata, accatastata in pile oppure incastonata in cornici di ferro. Ma con Angelo andiamo oltre la mera provocazione di far assurgere un oggetto estrapolato dal suo quotidiano ad opera d’arte. La rivista è infatti interamente realizzata da lui, al suo interno articoli, immagini e quant’altro sono il frutto di un’operazione finalizzata alla riproduzione di un oggetto che chiunque può acquistare mensilmente in edicola. Nel realizzare questo lavoro Rossi si è rivolto a numerosi storici e critici d’arte, ad artisti, galleristi e grafici. Il risultato è quello di aver realizzato un prodotto che fedelmente riproduce un oggetto che esiste e al quale non si sostituisce ma lo celebra come opera d’arte. Il lavoro è firmato da Zak Manzi che oltre ad essere un artista napoletano del concettuale, per mestiere firma opere di Rossi.

Rinunciare alla propria identità d’autore per Angelo Rossi non significa privarsi della sua connotazione di artista bensì riconoscere nella società contemporanea, “vittima“ della comunicazione di massa e del consumismo, l’inevitabile confluire in ciascuno di messaggi, di tecniche, di caratteri, di esperienze di chiunque e qualunque cosa entri in contatto con l’individuo. Dunque anziché rinunciare in maniera sottomessa alla propria unicità, si assume volontariamente una pluriidentità. 

L’uomo è ciò che attrae, cioè è frutto di tutto ciò che dall’esterno arriva dentro di sé. L’artista è forse l’unico in grado di restituirci le emozioni, le immagini, le esperienze che in lui convogliano, in forme che siano comunicative ed in qualche modo originali e uniche.

Dunque all’apparenza un’arte dichiaratamente “simile“, cioè la riproducibilità di opere compiute da altri artisti, restituisce un prodotto unico di per sé. L’immagine di un’opera di un noto oppure sconosciuto autore, appartiene in quanto immagine e chiunque la riceva visivamente. L’artista però la può restituire, riprodurre quasi identica, facendole assumere una nuova identità riconoscibile attraverso l’appartenenza e la mano del suo autore.

In questa logica scompare il plagio subdolo ed ingannevole e si manifesta al contrario una fruibilità nuova e molto più ampia di un’opera d’arte.

Le opere di Angelo sono spesso occultate, coperte o incelofanate ed il loro scoprimento è un appuntamento che Angelo fissa nel futuro a distanza di alcuni anni. Stabilire una data in cui queste opere verranno aperte per essere fruite permette al loro autore di sottrarre se stesso ed i suoi lavori al giudizio dei suoi contemporanei. Nel frattempo quell’opera rimane incomunicativa, non si esprime nel mondo ma esiste solamente. Solo in futuro quel lavoro verrà ancorato al suo periodo storico. Angelo in questo modo non autorizza i suoi contemporanei a giudicare il suo operato e nello stesso tempo, attraverso Zak Manzi, rimane estraneo e spettatore di fronte ai suoi oggetti d’arte, declinando ogni responsabilità e perdendone il copy right.

Restituire un prodotto che sia la risultante di tutto ciò che in lui confluisce ha lo scopo di creare una nuova realtà. Illusione e realtà nell’opera di Angelo coincidono in quanto una realtà più pura, non condizionata da fattori esterni entra in contatto con la realtà rappresentata che è quella dell’arte. Come a dire che è reale anche ciò che è frutto solo dell’immaginazione, vengono rese reali le illusioni. In questo modo la vita si arricchisce di nuovi sensi e piani paralleli.

Flash art è dunque questo. Questa rivista in quanto oggetto appartiene e chiunque la comperi e la sfogli, in questo modo una fetta dell’esterno entra in noi. L’artista la restituisce come opera d’arte sigillandola.

La pratica di riprendere le opere di autori conosciuti o molto più spesso sconosciuti, diventa, più che una copia o imitazione, una citazione, in quanto questi lavori di Angelo non sono dei falsi ma viene loro riconosciuta un’identità autonoma ed indipendente dal loro originale. Attraverso la citazione di autori sconosciuti al grande pubblico Rossi amplifica il lavoro e di conseguenza la fama di tali artisti. 

In una copia quasi identica al suo originale non ha dunque importanza l’autenticità quanto piuttosto l’operatività di chi l’ha realizzata, spesso scomponendola, ricreandola, ripensandola, in una parola personalizzandola: “Scelgo solo chi mi dà qualcosa. Tony Corbo (citato in un’opera presente in mostra) è un mio amico da tanti anni, le sue opere sono parte di me, quindi sulla scelta di chi vado a copiare c’è qualcosa di assolutamente personale che mi appartiene già“.

Come si può leggere su una delle sue opere, l’uomo è visto da Angelo come un corpo affamato che si apre come una porta al suo esterno e si nutre di tutto ciò che è fuori e attorno a lui e restituisce in opere il lavoro dell’esperienza interiore.

Da un oggetto, un pensiero, un suono può nascere un’opera, ma anche da un’opera può nascere un’altra opera. Nel qualunquismo generale in cui siamo precipitati, la voce non sorda di qualcuno che attraverso il riconoscibile offre un’interpretazione diversa e nuova, diventa più che mai importante e significativa.

Il senso dell’opera di Angelo Rossi è quello di scardinare le regole del reale, dell’autentico, di farci riflettere sulla possibilità che di qualunque cosa esistono più letture, che l’arte può essere contaminata, compenetrata, ma niente può coincidere perfettamente con qualcos’altro, ogni volta si crea una connotazione nuova, una nuova autenticità.

Nori Zandomenego

Opere

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