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Mauri Fortin

L’arte di offrirsi a chi guarda

I lavori di Fortin Mauri variano di tecnica, ma la sostanza resta sempre una attenta ricerca di giustapposizioni e contrapposizioni cromatiche con cui realizza astratti geometrici, lineari o ricurvi, netti o sfumati, composizioni policrome dalle forti tinte cariche e spettacolari.

Nasce in Olanda e lei stessa dichiara che i suoi riferimenti sono gli astrattisti spagnoli e sudamericani. Per un periodo lavora in Italia, a Milano, nel campo della moda.

Le suggestioni dei due Paesi, i campi sterminati di tulipani olandesi, le città dalle geometrie colorate, il bisogno di colore e calore dei Paesi Bassi, uniti alla mediterraneità italiana di improvvisazioni giocose e teatrali, curiosamente combaciano e si incontrano in questi lavori pittorici e grafici.

Le tele sfumate sono tavolozze in grande scala da cui sembra che un gigantesco pittore immaginario abbia intinto i suoi pennelli per dipingere una tela. L’attenzione della piccola “lillipuziana” si sofferma su questi colori e Fortin ricrea sulla tela le grandi tavolozze del gigante-pittore che diventano dei dipinti in fieri, accostamenti di colori che serviranno per comporre altri dipinti.L’assenza di definizione, così come l’apparente “confusione”,permette l’emergere del fondamentale. Le composizioni di Fortin Mauri, con la messa in risalto del cromatismo astratto, racchiudono una forte carica simbolica che richiede una maggiore attenzione, che vada oltre ogni prima e immediata impressione.Dentro le tonalità messe insieme ci sono già gli ingredienti per il soggetto da realizzare: un paesaggio, una marina, un bosco con una luce in lontananza. Dalle zone più profonde delle tonalità del blu, si rivela un mondo di creature ed esseri stregati e si può percepire qualcosa simile ad un viaggio nel cosmo.

Su altre tele, i giochi di scie colorate che si rincorrono in spirali avvolgenti, sono giochi ipnotici dai colori sgargianti e psichedelici. La definizione delle forme, in questo caso, è ben netta, sicura, quasi ritagliata da una superficie monocroma.

Poi ci sono i quadri con le forme geometriche definite e lettere dell’alfabeto, le poche forme riconoscibili. Enigmatiche e mute, appartengono a lingue frammentate e perdute: sono cariche di messaggi simbolici, sono lettere, ma ciò di cui sono composte, sono forme e queste possono contraddire il risultato iniziale e portare ad immaginare altro.

Così come le righe di altre coloratissime composizioni che intervallano stesure monocromatiche. Sono codici a barre? Scale? Piani di grattacieli? Cosa si cela nell’infinità di interpretazioni di questi lavori?Ricordano palazzi, città, strade e strisce pedonali. Se lo sono, sono città stupende!

Tutti questi stili si riassumono in colore, il grande protagonista della sua pittura, quasi non ci fosse bisogno di fare altro, niente forme riconoscibili, niente figure, niente oggetti. Guardandoli a lungo, si iniziano ad avere visioni fantasiose.

È questa ricerca dell’“offrirsi a chi guarda” che intriga nella sua pittura. L’educazione al guardare è il fine della sua arte visiva. Fortin chiede allo spettatore di creare il quadro con lei: per distinguere forme sfocate, e per perseguire una proposta visiva ulteriore. Oppure per legare e correlare una moltitudine di righe e rettangoli policromi, o per seguire le spire di serpenti di colore che risucchiano lo sguardo dentro le loro ipnotichespirali.

Opere

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