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Emilio D’Elia

Intervista all’Artista
a cura del Dott. Valtero Curzi – Filosofo

Confesso con piacere, Emilio D’Elia, che intervistarti mi permette di entrare in quella dimensione di “idealità” in cui anch’io guardo. Quanta idealità c’è nella tua arte, intendendo per idealità ciò che non è determinabile materialmente nel contesto quotidiano?

L’idealità è quotidianità, è compagna e mi accompagna, sempre mi rifletto ogni giorno, nei fondali della mia carta dei miei colori delle mie acque colorate, inter-mezzo per dare vita alla mia “idealità”, fatta di attenzione alla grazia con pudore e umiltà, che spazia.

In alcuni nostri scambi di opinione a margine di mostre, e in altre tue pubblicazioni anche su Facebook, ti confronti con Plotino e il suo concetto di Uno e Marsilio Ficino, neo platonico rinascimentale. Tu guardi la dimensione reale con occhi di “purezza”, ossia non ritrai il reale , ma ciò che dovrebbe essere e che senti dover essere. Quanto platonismo o neoplatonismo rinascimentale c’è nella tua arte?

Il sentire é importante per farci tra-sportare navigare, con gli occhi puliti per guardare il sole la luce, mi piace Plotino nella sua riflessione è l’immagine dell’uomo che sale verso l’assoluto, inizio di viaggio, percorso di risalita, stupore é meraviglia di chi a trovato la strada giusta, i sentieri illuminati, per potersi ricongiungere. Ma é anche importante dire che le mie immagini sono arrivate prima, dopo sono state associate, da altri. Ripeto non ho mai fatto riferimento alla filosofia per fare scaturire le immagini, la mia creatività e il mio sentire nascono con me.

I tuoi “luoghi” d’arte hanno una dimensione che li contraddistingue: gli spazi siderali, ma non intesi come dimensione astrale, ma concetto cosmico. Ti inoltri in essi o è da essi che “guardi” il reale? O meglio: il tuo reale è l’immagine di una idealità, o la idealità contiene il reale come forma non colta dall’anima?

I luoghi siderali mi sono congeniali, mi tras-portano è la mia dimora, poi noi tutti viviamo nel cielo, é la raccolta dell’anima.

Tu fai arte guardando in quell’orizzonte dello Spirito dove pochi posano la loro esperienza creativa, quasi che sia inesprimibile definire l’anima. Cos’è per te l’Anima?

Per me é pura essenza, profumo di rosa, la traccia da seguire
 oltre “quel’animula vagula blandula”

.

Io vedo nella tua espressione d’arte il desiderio di rappresentare il “sentire”, cioè al fine l’emozionarsi, che è interpretare la vita. Dipingi ciò che senti, quindi ciò che ti emoziona, ma è emozione dei sensi o celebrale?

E’ pura scaturigine, non sono emozionato mentre lavoro, é una necessità, sondare, incontrare, colorare, fare apparire, s-velare, forse dopo nasce l’incantamento la meraviglia.

Nella tua arte di -metafisica cromatica- ci sono tre dimensioni fondamentali: il giallo della luce, l’azzurro del cosmo o del desiderio e la dimensione dell’uomo, dimensione centrale ad ogni tua rappresentazione. Poni forse l’uomo nella concezione rinascimentale di centro dell’universo? Unità di misura del tutto?

La mia posizione di viandante-i, necessario-i passeggero-i, come misura del tutto? Ma é l’uomo il giro di chiave l’interrogazione, il filtro, il legame-legante con il resto, la scuola di se stesso, l’allievo eterno, non misura ma ricettacolo per far scaturire coscienza, intra-vedersi.

Nella tua poetica artistica non traggo definizione del concetto di “limite” come se la tua arte si muovesse sempre e costantemente oltre ogni limite posto, ma questo può voler limitare l’espressione artistica stessa. Ossia, porre il tutto costantemente nella dimensione “infinita e indefinita” non si rischia di snaturarlo del suo significato comprensivo?

Ogni giorno é un nuovo limitare di campo, il mistero si infittisce tutto quello che trovi é osservi, dopo si é già spostato é altrove, passo dopo passo ogni giorno, le estremità sono sconosciute, resta un sentiero, una luce, che sai che é la nel fondo di una valle. Il viaggio é più importante.

L’artista Emilio D’Elia come coniuga la sua realtà esistenziale del concreto con la sua proiezione cosmica?

Che bella questa domanda nasce sull’ottava, un numero che Amo, un numero che é musica melodia infinita.

“L’idealità è quotidianità” riporti… Se idealità così intesa è al fine emozionalità, ne traggo la conclusione che il fare arte è assolutamente esprimersi emozionale. Ma quell’emozionalità trascendentale che tu esprimi è esigenza laica o anche esigenza religiosa?

L’emozione è felicità gioia, sentire è sensibilità, attenzione, saper leggere con occhi sgombri l’immagine Nuova (trascendente) salutarla, benvenuta CHIARA-IMMAGINE, ascoltare tutto quello che viene da me, ancora meglio tutto quello che viene attraverso me. Religiosa direi mi sento un costruttore di ponti tra terra e cielo, i miei piedi su terra e il mio cuore nel cielo (radici spirituali), cosi il mio fare diventa devozione alla pittura, all’immagine Sacra, che ripristina l’aridità nel mondo, la disattenzione, l’abitudine, ristabilire e ridipingere nel cuore degli uomini il quadro Universale.

Ti poni in quell’antinomia fra finito e infinito, fra realtà e apparenza anche nel linguaggio. Il tuo dire nella parola ha un riscontro anche nel suo opposto. Vedi nella parola ciò che dice, ma anche quel significato che è sottinteso, ma non detto. Anche la tua arte è scissione, come nella parola per trovare ulteriori significati di senso?

La realtà? L’apparenza? (Illusione del mondo) Nel dipingere, parlare, nell’apparente scissione, troviamo un via vai di significati di-segni, di codici, che ci trasportano su altri lidi su altri mondi, incontrano “Sensi” in continua comunione Spirituale con l’universo (perché solo nell’infinito esiste la possibilità di libertà). L’uomo deve necessariamente trovare il suo posto nell’infinito.

Hai messo in evidenza varie volte la dimensione di “meraviglia”. Ora, la “meraviglia”, è alla base della speculazione nei primi filosofi greci e orientali ancor prima. Il tuo sguardo verso l’infinito, è meraviglia?

Certo oggi ci siamo assopiti addormentati, senza più riuscire a sognare, é bello Meravigliarsi. E’ sconfortante e tragico non esserne capace, perché chi si Meraviglia non é indifferente.

Oggi ha perso valore il concetto di –Indefinito- e quello di infinito è diventato ciò che non ha limite reale. Il reale è quindi base assoluta di partenza. Tu ti proietti come –viaggiatore- non nell’infinito ma nell’Indefinito. Se il primo è dimensione “sommante” (lineare diremmo) il secondo è “orizzonte” da percorrere. La tua arte come vede e sente quell’INDEFINITO?

Come un esercizio di infinito, la somma delle origini porta Amore.

“I luoghi siderali mi sono congeniali…” dici. Ma siderali, ha una assonanza con desiderio, lontano dalle stelle. La tua arte contiene ciò che non c’è, anche oltre l’immaginare?

Ogni giorno si è con le stelle, non siamo forse noi polvere di stelle? L’immaginazione genera Mondi.

Dialogo con l’ -infinito- ha definito la tua arte il noto critico Francesco Poli. Ma dialogare con ciò che ci contiene è anche dialogare in parte inconsciamente con noi stessi. Sei specchio di ciò che dipingi e rappresenti?

Si dialoga prima con se stessi (non incosciamente) con il proprio essere Infinito, come ti dicevo prima, dialogo con tutto quello che é dentro di me, con tutto quello che attraversa me. Si mi specchio come “Narciso” su i miei fondali di acque luminose, di
colori Solari, sinfonia di Gioia per l’Anima Chiara, che si irradia, mi accoglie.

Il –segno-, come ciò che è dato, definisce la tua composizione artistica, e nei contenuti che si orientano nella dimensione “siderale” assumono rilevanza simbolica. Ogni tua opera è in sé “simbolo” o è il manifestarsi di simboli in un discorso più complesso?

Il Disegno è un indicatore di direzione, portatore di Amore Luminoso (il segno..traccia del nostro passaggio). Direi visionarietà carica di-segni, tracciati sulla terra, per avvicinarsi al cielo, alla Coscienza Celeste, nostre radici, origine di sempre. Segni incrociati sostanza nutritiva, per lo Spirito Contemplativo Cosmico. La luce come simbolo supremo. Con la luce possiamo viaggiare lontano
alla ricerca della Bellezza Prima.

Ritorno all’infinito all’ottava domanda, otto come segno della continuità che ami, dici. Ma amare l’infinito, essenza dei romantici, è in fondo darsi al Nulla, non come negazione ma come “sentimento”. Ritorniamo all’Uno di Plotino così, che non è divisibile. Come lo guardi?

Sulla soglia una volta varcata con una discesa veloce ci si può accorgere che da sempre si é viaggiato nel cosmo.

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